Sono quasi venti anni che sono al mondo, un quarto della mia vita è scivolato via e non so niente. Ogni tanto mi incazzo senza motivo, mi passa e poi mangio. Azioni a caso, tutto scollegato.
Fotto bevo guardo la TV.
Esami da preparare, patenti da prendere e niente in vista, tele bianche e tanta nebbia.
Tante storie, tanti personaggi... Tutto vuoto, finzione sciorappata di emozioni lontane.
Ogni tanto una lacrima, una fuga e un volare via.
Tanti schianti.
Non so chi sono, non so chi sei, non so se mi importi.
Risate tante, becere e egoistiche.
Enorme empatia e inutilità.
Tante macchine, energie, concentrazione. Passioni? Incompatibili, impossibili.
Niente da offrire, niente da ricevere.
Fumo, pioggia, jazz.
Eroi lontani, eroi inesistenti da mondi immaginari... Divani pieni, contenitori vuoti a riempirli.
Silenzi ronzanti, buio sfavillante, la pietra. Me.
Tutti hanno provato, spero, l'esperienza del fare un compito in classe e non sapere niente.
L'emozione che pervade il corpo prima dell'imminente inculata dura e cruda. Sai di essere fottuto come Sasha nei migliori video che ti sei visto il giorno prima di studiare, ma alcune volte va peggio del solito: sei da solo al primo banco, non hai nessuno intorno e la professoressa ti fissa concentrata come se fossi il più bel adone mai esistito.
Non hai niente da scrivere ma non vuoi lasciare il foglio bianco.
Ci sono volte poi in cui sei ancora più coglione, perché non ci scrivi neanche sul foglio, parti con la mente in analisi psicologiche sgrammaticate che ti prendono fino a scoppiare:
Oggi avevo delle cose da fare al paese ed ho passato tutto il giorno lì.
L'atmosfera è sempre la stessa, cambiano le facce ma l'aria è la stessa. Ho visto tanti posti di cui conservo almeno un ricordo per un bacio, una lettera e una risata.
Appena sceso dell'autobus ho visto le scale che portano alle scuole medie, che ogni mattina facevo con il mio trolley pieno di speranza. Tre ragazzini che la mattina coperti da guanti e cappello andavano a scuola felici parlando della gara della domenica e di tante altre piccole insignificanti. Insignificanti ma belle.
Il signore che abita davanti scuola non è cambiato per niente, sempre gobbo a coltivare i suoi aranci che poi puntualmente orde di bimbi stupidi si lanceranno addosso mentre aspettano di entrare. Il mio primo bacio è stato lì davanti, dentro il cancello di scuola, me lo ricordo sempre come uno dei momenti più felici della mia vita, anche se i ricordi sono vaghi. Dannata memoria.
La scuola è sempre la stessa, gli stessi suoni ed odori, forse giusto il freddo è diverso visto che non sono più abituato. Un flash di un pomeriggio di terza media è apparso subito, sarà stato Maggio forse, ormai quasi 5 anni fa, stavo mangiando qualcosa e c'era un casino assurdo.
Il casino si è poi trasferito nella mia testa con i mille ricordi di quella che era la mia normalità.
Vedere casa poi, la mia casa, è stata un emozione fortissima. In quelle stanze ho passato anni stupendi della mia vita, pranzi allegri e pomeriggi in compagnia di tornei con gli amici. Amici che ormai sono in giro per l'Italia, sparsi, ma uniti tutti dai ricordi che abbiamo insieme.
Hanno fatto dei lavori, è un po' diversa, forse più bella, sicuramente più fredda. Sembrava vuota, avrei voluto scavalcare e guardare la montagna dal terrazzo come facevo da bimbo, ma non mi sembrava il caso.
Ogni centimetro di asfalto che ho percorso aveva un suo odore e una sua immagine nella mia testa, anche il cartello arrugginito che è lì da almeno 15 anni, sempre storto e sempre diretto nella direzione sbagliata.
Vicino alla mia bella casetta poi c'è un allegro parco: I Cinque Pini, che in realtà sono quattro, l'ho sempre trovato divertente.
Silenziosa, impegnata a dondolare sull'altalena c'era la mia sagoma decisamente troppo cresciuta. I ricordi hanno lasciato spazio al rimorso per le cose che non avrei mai dovuto dire, e che ora non posso sistemare. Volevo fare bene ma ho distrutto una delle poche cose belle che avevo. Ho distrutto una persona. Ho sempre provato a fare il meglio che potevo per gli altri, ma non serve a niente, ogni mattoncino che poso prima o poi cade a terra, in frantumi. Mi dispiace.
Questo è l'anno di Doc e McFly sulla DeLorean, ma non solo.
In teoria dovrei diventare maturo, non per lo stupido esame di fine anno la cui unica utilità sarà quella di impedirmi di passare delle spensierate giornate all'ombra di un ombrellone maledendo il bimbo che è passato di corsa accanto a me lanciando la sabbia nel mio fottuto panino.
Guardando il quadro più grande dovrei essere adulto ed indipendente, uscire da scuola e vivere in completa autonomia la mia vita. Ovviamente non lo sono, non ho un lavoro ne sono autosufficiente, ma non dipende da me, sono maturato come persona però.
Non sono più l'ingenuo bimbo di primo liceo terrorizzato dai grandi barbuti che passa le giornate a leggere di F1 e sognare lavorare nei motori. Leggo ancora e sogno ancora in realtà, ma almeno non mi fa più paura la gente barbuta. Anzi ora che lo sono è completamente diverso da quello che credevo, è molto meno figo di come lo immaginavo, devi compilare mille moduli anche per respirare e rimbalzi come una palla in flipper tra un ufficio e uno sportello. Però firmarsi le giustificazioni da soli è bello.
Ho passato anche la fase "ragazzino insopportabile di terzo liceo che si sente moralmente in dovere di sparare giudizi su tutto, cose e persone." Un inutile limbo in cui sei un idiota nel corpo di un adulto, vuoi fare il grande senza renderti conto di non esserne capace. Pensi di vedere tutto in maniera chiara e chi non la pensa come te evidentemente è stupido, scrivi citazioni profonde per sfoggiare il tuo intelletto fine ovunque rendendoti oltremodo ridicolo. Guardare gli altri con quell'aria di superiorità poi ti rende ancora più fastidioso, ma alla fine non dovrei prendermela con i sedicenni: non me la prendo con un cucciolo perchè fa la cacca in casa.
Ora sono un maturando meno spaventato e più umile. Non sono perfetto e non lo sarò mai, però penso di migliorare: rileggo quello che ho scritto mesi fa e non posso fare a meno di sorridere, dopo aver pensato "ma che cazzo ho scritto?" ovviamente. Ho passato cose da cui sono a terra, da debole, ma non ho mollato, e non lo farò mai. "I'll always look forward for better days ahead."
Sono grato di tutte le esperienze che ho passato, ho imparato ad essere sicuro di me e a non farmi condizionare la vita da nessuno. Sono chi sono, meno idiota di due giorni fa e più di quanto non lo sarò tra un mese. No pain no gain.
I was told that I would feel nothing the first time
I don’t know how these cuts heal
But in you I found a rhyme
If there is a light you can’t always see
And there is a world we can’t always be
If there is a dark that we shouldn’t doubt
And there is a light, don’t let it go out
And this is a song, song for someone
This is a song, song for someone
You let me in to a conversation
A conversation only we could make
You break and enter my imagination
Whatever’s in there it’s yours to take
I was told I’d feel nothing the first time
You were slow to heal but this could be the night
If there is a light you can’t always see
And there is a world we can’t always be
If there is a dark within and without
And there is a light, don’t let it go out
And this is a song, song for someone
This is a song, a song for someone
And I’m a long long way from your Hill of Calvary
And I’m a long way from where I was and where I need to be
If there is a light you can’t always see
And there is a world we can’t always be
If there is a kiss I stole from your mouth
And there is a light, don’t let it go out
Lo so che non sopporti quando parlo con le canzoni, mi dispiace, ma alcune volte qualcuno ha già scritto quello che ti passa per la testa. Mi passi tu per la testa.
Non so cosa fai quando stai così, nella mia mente sei solo tu e il muro, immobili in un rumoroso silenzio incessante. Chiudi il mondo fuori, d'altronde non capirebbero, non potrebbero.
Un particolare cattura il tuo sguardo perso in mille pensieri, ti fa male qualcosa dentro.
Non so quanto sia vero, non posso saperlo, sento qualcosa ma è confuso.
Scrivo, una delle poche cose che non mi vergogno di fare, ma stavolta è diverso: scrivo per te e non per me. È difficile.
Vorrei scrivere mille cose ma nessuna sembra venire fuori, c'è solo la tua immagine viva nella mente.
Io sono qui e non dovrei, dovrei essere da tutt'altra parte. Oppure no, sono al posto giusto, con te, ieri oggi e domani, ad aspettarti. Magari non è niente, ma magari è qualcosa, è tutto quello che posso e devo fare. Sul mio colle c'è posto per due.